L’Orvietan a Venezia
a cura di Sabrina Minuzzi
Pochi anni dopo la prima licenza di vendita concessa ad Orvieto a Girolamo Ferrante, ebbe inizio anche la storia veneziana dell’Orvietano, allora ritenuto antidoto contro vari stati di avvelenamento, e, se assunto in piccole dosi, sostanza dotata di proprietà corroboranti e ricostituenti.
Su richiesta di Gregorio Ferrante, il figlio di Girolamo, il 17 maggio 1623 il Collegio Medico della città lagunare esaminò e approvò la ricetta del medicinale. Gregorio fu così autorizzato a manipolarlo e venderlo a Venezia e in tutti i territori della Serenissima. Purtroppo riuscì a sfruttare per un mese soltanto la licenza ottenuta, perché morì appena trentenne durante un’esibizione in piazza S. Marco, il 26 giugno 1623, in seguito all’assunzione di dosi di veleno troppo elevate. Ma la sua casa in Frezzeria, sita dietro il lato ovest di piazza S. Marco e brulicante di attività commerciali allora come oggi, rimase la sede dei produttori dell’Orvietano fino alla fine del Settecento.
Il 15 maggio 1675 i Provveditori alla Sanità di Venezia concessero a Giuseppe Merula/Merulla detto Capeldoro, toscano, di manipolare e vendere l’Orvietano che era stato di Gregorio Ferrante, proi- bendo a chiunque altro di fabbricare lo stesso farmaco e di vendere, magari con lo stesso nome, una ricetta contraffatta. Si trattava di un privilegio e non più solo di una licenza, perché sanciva un diritto esclusivo a favore di Merulla: indice che l’Orvietano era diventato un prodotto medicinale famosissi- mo, quindi passibile di contraffazioni e da proteggere con una privativa.
Da allora le vicende dell’Orvietano sono tutt’uno con quelle della famiglia Merulla prima e Teodorovich poi: è citato nei testamenti come un bene mobile e la sua ricetta segreta si trasmette da una famiglia all’altra per via matrimoniale. Si tratta di un farmaco inventato in seno ad una famiglia i cui membri e discendenti sono coinvolti nella sua produzione e trasmissione.
Per trent’anni l’Orvietano venne manipolato e venduto anche da una donna, Elisabetta, vedova di Tommaso Merulla, figlio del Giuseppe sopra citato, morto nel 1731. In realtà fin dal 1692 le autorità sanitarie veneziane avevano ritenuto Elisabetta idonea alla manipolazione e vendita dell’Orvietano dalla sua casa-bottega in Frezzeria. Nel 1761, ormai ultra ottuagenaria, Elisabetta trasmise il privilegio alla figlia Angela e al genero Antonio Teodorovich.
Dal 1778 e fin dopo il 1792 il figlio della coppia, Francesco Teodoovich chirurgo di professione, rilevò l’attività dei genitori per esercitarla nella medesima casa e bottega sita dietro piazza S. Marco.
• Anno 1623 – Venezia, Archivio di Stato, Provveditori alla Sanità, Rapporti, b. 588
• Anno 1675 – Venezia, Archivio di Stato, Provveditori alla Sanità, Notatori, reg. 743, c. 76r
• Anno 1692 – Venezia, Archivio di Stato, Provveditori alla Sanità, Rapporti, b. 588
• Anno 1778 – Venezia, Archivio Storico Curia Patriarcale, San Moisè, Capitolo, Verbali e parti, reg. 1 Affitto di casa e bottega (C.B.) aumentato da 42 a 55 ducati, quando l’erede Antonio Teodorovich manipolava e vendeva l’Orvietano dalla stessa sede in Frezzeria, dietro piazza S. Marco.
Catastico Napoleonico. Dettaglio.
1) Casa e bottega dell’Orvietano: Gregorio Ferrante viveva dietro piazza S. Marco, nella parrocchia di S. Moisè. 2) Spazio in cui fino al Settecento sorgeva la chiesa di San Geminiano, ora occupato dall’edificio ottocentesco delle Poste.
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